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“Soldato della spada e della penna”, come amava definirsi, Alberto Mario occupa un posto non marginale nel panorama risorgimentale. La sua figura di testimone e partecipe di un trentennio importantissimo della storia nazionale è racchiusa nella biografia scritta dalla moglie Jessie White, che aveva vissuto da vicino le battaglie del Risorgimento italiano e i primi passi della Nuova Italia, e aveva conosciuto i personaggi maggiori e tanti dei minori dell’epopea unitaria. Alberto Mario profuse le sue forze in una milizia patriottica e politica fianco a fianco dei protagonisti del Risorgimento, spendendosi con entusiasmo e coerenza per i supremi ideali dell’unità della Patria, dell’avvento della Repubblica, della Libertà federale e dell’umanesimo laico e positivista.
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Questo progetto si è protratto per quasi tre anni (dallo scavo, alle analisi e alla pubblicazione dei risultati), e si è cercato di rispondere a molte domande sull’archeologia di Padova antica: si potevano datare con tecniche radiometriche i primi livelli abitativi di Padova? Dove si fabbricavano le ceramiche usate nei primi tempi della città? I vasi conservavano tracce di quanto gli antichi mangiavano e bevevano? Come erano organizzati il lavoro dei lapicidi e dei metallurghi, e i reticoli commerciali che tali attività sostenevano? La sfida è stata quella di cercare le tracce del sorgere di una intera città con uno scavo dilazionato nel tempo e in assoluto riduzionista, essendo il cuore dei dati incentrato su due metri cubi di deposito archeologico, nel quale erano tuttavia celati un sorprendente insieme di vasi ceramici e resti di installazioni e pratiche metallurgiche. I dati di scavo e lo studio formale dei reperti, sia artificiali sia biologici, sono stati integrati con una nutrita serie di approfondimenti analitici.
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La storia di un marangone (falegname) diventato disegnatore di edifici, ville, chiese e campanili: grosso modo quello che si è soliti definire un proto o architetto. Di lui esiste memoria solo grazie ai documenti, vergati da qualche notaio o scrivano. Eppure, il paesaggio e le “belle contrade” sono opera di un numero incalcolabile di “artefici” che nessuno conosce: pensiamo solo alle 800 ville venete del trevigiano e alle centinaia di parrocchiali: ad eccezione di alcune, le altre chi le avrà progettate e costruite?